Cannabis terapeutica in Italia: uso, patologie e normativa

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Il panorama della cannabis terapeutica nel nostro Paese sta vivendo una fase di forte cambiamento. A testimoniarlo è stato il recente CBD & Medical Cannabis Forum di Firenze, due giornate di dibattiti e confronti che hanno messo in luce progressi e criticità. Medici, farmacisti, giuristi, aziende e pazienti si sono incontrati per discutere di clinica, ricerca e normative, con l’obiettivo di rendere più accessibile ed efficace il sistema della cannabis terapeutica in Italia. Tra i temi principali, la necessità di ampliare le patologie per cui è prevista la prescrizione e l’autorizzazione a due aziende italiane di ampliare l’offerta di cannabis terapeutica in Italia.

Per comprendere meglio il significato di questi cambiamenti, è utile fare un passo indietro e chiarire cosa si intende per cannabis terapeutica, come si utilizza e in quali casi può essere prescritta.


Che cos’è la cannabis terapeutica?

La cannabis terapeutica è un farmaco ottenuto da varietà di cannabis destinata esclusivamente all’uso medico e coltivata secondo determinati standard qualitativi. 

Il suo impiego è regolamentato dal decreto ministeriale Lorenzin del 9 novembre 2015 e può essere prescritta da un medico tramite ricetta non ripetibile, solo in presenza di determinate condizioni cliniche, nei casi in cui le terapie convenzionali si rivelano inefficaci o mal tollerate dal paziente. 

I principi attivi principali contenuti nella cannabis sono il THC (tetraidrocannabinolo) e il CBD (cannabidiolo), due molecole con differenti effetti farmacologici: il primo è noto per le sue proprietà psicoattive, analgesiche, antiemetiche e stimolanti l’appetito, mentre il secondo è apprezzato per gli effetti antinfiammatori, rilassanti e ansiolitici, senza alterare le funzioni cognitive e motorie.

Ma come avviene in pratica l’accesso a questo tipo di trattamento?


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Come si accede alla cannabis terapeutica in Italia?

In Italia è possibile accedere alla cannabis terapeutica esclusivamente tramite prescrizione medica. Possono prescriverla tutti i medici abilitati alla professione e iscritti all’Ordine. Possono farlo, ad esempio, medici di base, neurologi, oncologi, reumatologi, o altri specialisti, l’importante è che ci sia una condizione clinica riconosciuta dalla normativa e che sia documentata la non efficacia delle terapie convenzionali. 

La prescrizione avviene tramite ricetta medica non ripetibile, della durata massima di 30 giorni, e deve contenere l’indicazione precisa della formulazione, il dosaggio, la via di somministrazione e le modalità d’uso. Dopo aver ricevuto la prescrizione, il paziente può rivolgersi alla farmacia, dove prepareranno il prodotto seguendo scrupolosamente le indicazioni della ricetta. Durante la terapia, il medico ha il compito di monitorare il paziente per valutare l’effetto terapeutico e l’eventuale comparsa di effetti collaterali.

Chiarite le modalità di accesso, passiamo ad approfondire le condizioni cliniche per cui questo trattamento può essere applicato.

Cosa si cura con la cannabis terapeutica?

La cannabis terapeutica è impiegata per alleviare sintomi di diverse condizioni cliniche, soprattutto quando le terapie convenzionali non sono sufficienti. Tra gli utilizzi più comuni: il trattamento del dolore cronico e neuropatico, la riduzione della spasticità muscolare (come nella sclerosi multipla), il controllo di nausea e vomito da chemioterapia, la stimolazione dell’appetito in caso di anoressia o cachessia, e la riduzione della pressione intraoculare nel glaucoma. La cannabis medica può essere utilizzata anche gestire la Sindrome di Tourette e la fibromialgia, sempre sotto prescrizione medica e nel rispetto delle normative vigenti.

Come ogni farmaco, anche la cannabis terapeutica potrebbe avere degli effetti indesiderati che è bene conoscere.

Cannabis terapeutica: effetti collaterali possibili

Sebbene la cannabis terapeutica sia generalmente ben tollerata, come qualsiasi sostanza ad azione farmacologica può causare effetti collaterali, che variano in base alla sensibilità individuale, alla composizione dei principi attivi al dosaggio e alla via di somministrazione. Tra gli effetti indesiderati più comuni della cannabis terapeutica si segnalano sonnolenza, vertigini, euforia, secchezza delle fauci, tachicardia, ipotensione, diminuzione della coordinazione e riduzione della concentrazione. Questi eventuali effetti collaterali sono attribuibili soprattutto al THC, il CBD invece ha un profilo di tollerabilità decisamente migliore ed è spesso utilizzato per mitigare alcuni degli effetti collaterali legati al tetraidrocannabinolo. Anche il cannabidiolo però può interagire con i farmaci, motivo per cui è sempre necessaria una valutazione medica accurata.

Oltre agli aspetti clinici, un’altra questione fondamentale per i pazienti riguarda il costo della terapia. Vediamo quindi come funziona il rimborso della cannabis terapeutica in Italia.

Quanto costa la terapia con la cannabis terapeutica?

Il rimborso della cannabis terapeutica da parte del SSN è regolato dal decreto ministeriale del 9 novembre 2015 ed è previsto esclusivamente per le patologie indicate dal decreto:

  • Sclerosi multipla
  • Dolore cronico e dolore oncologico
  • Nausea e vomito da chemioterapia
  • Perdita di appetito e cachessia
  • Glaucoma
  • Sindrome di Tourette

Oltre al decreto, per l’accesso alla cannabis terapeutica a carico del Servizio Sanitario Nazionale, si deve fare riferimento alle norme regionali che definiscono modalità e limiti di prescrizione. Ogni regione, infatti, può recepire le linee guida in modo diverso, stabilendo criteri di rimborso più o meno ampi. Esiste poi la possibilità della Legge 94/98, conosciuta come Legge Di Bella. Questa norma consente al medico di prescrivere un farmaco anche al di fuori delle indicazioni ufficiali, quando ritiene che il paziente non abbia alternative terapeutiche realmente efficaci. Naturalmente, la decisione deve basarsi su evidenze scientifiche documentate e pubblicazioni riconosciute a livello internazionale, in questo caso la prescrizione è a carico del paziente.

Accanto alle modalità di accesso e ai criteri di rimborso, un aspetto importante riguarda la produzione stessa della cannabis terapeutica in Italia, un settore che come abbiamo accennato sta vivendo trasformazioni di rilievo.

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Come si produce la cannabis medica in Italia?

In Italia la cannabis per uso medico viene coltivata e lavorata seguendo procedure estremamente rigorose, pensate per ottenere prodotti con caratteristiche costanti e controllabili. Le coltivazioni sono condotte senza pesticidi e l’intero ciclo produttivo è sorvegliato per ridurre al minimo il rischio di muffe, contaminazioni microbiche, residui metallici o altre impurità.

A settembre 2014 è stata siglata un’intesa tra il Ministero della Salute e il Ministero della Difesa per avviare, tramite lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze, un progetto pilota di produzione nazionale. A lungo lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze è stato l’unico centro autorizzato alla produzione di cannabis terapeutica in Italia, ma la crescente domanda da parte dei pazienti e la necessità di garantire una fornitura costante hanno spinto le istituzioni ad aprire pian piano il settore anche a soggetti privati.

Negli ultimi anni sono quindi state avviate le procedure per consentire anche ad aziende private, autorizzate dal Ministero della Salute e conformi agli standard europei di qualità farmaceutica (GMP), di produrre e distribuire cannabis medica.

Ad oggi, già due aziende hanno ottenuto l’autorizzazione ufficiale alla produzione e distribuzione di cannabis medica. L’azienda internazionale Tilray, che distribuirà infiorescenze tramite l’azienda italiana FL Group e Materia Medica, un’azienda toscana, quindi interamente italiana. 

Questo sviluppo, insieme alla volontà di ampliare le patologie per cui è prevista la prescrizione di cannabis terapeutica, sembrano suggerire un cambiamento culturale e istituzionale importante, in cui ricerca scientifica, rispetto delle regole e ascolto delle esigenze dei pazienti convergono per costruire un sistema più efficiente.

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