CBD riclassificazione: il Tar sospende di nuovo il decreto

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In data 11 settembre 2024 il TAR del Lazio ha sospeso il decreto sul CBD emanato dal Ministero della Salute che avrebbe classificato le formulazioni orali contenenti cannabidiolo (CBD) come sostanze stupefacenti. Con la sentenza emessa, i giudici hanno accolto il ricorso presentato dall'associazione Imprenditori Canapa Italia (ICI), e fissato la prossima udienza al 16 dicembre 2024.

L'ICI ha accolto più che positivamente la decisione del tribunale, affermando che il collegio giudicante ha riconosciuto la validità delle loro argomentazioni e riconosciuto i gravi rischi economici e sociali che l'attuazione del decreto avrebbe potuto causare al settore.

Facciamo un passo indietro e ripercorriamo la storia legislativa del CBD.

In data 27 Giugno 2024 è stato emanato un nuovo Decreto del Ministero della Salute che includeva le composizioni per uso orale a base di CBD orale nella Tabella B) relativa a medicinali e sostanze attive allegata al Testo Unico degli Stupefacenti.

Se il decreto fosse entrato in vigore, dal 5 Agosto 2024 tali composizioni sarebbero state producibili e vendibili esclusivamente tramite farmacie e soggetti autorizzati dal Ministero della Salute, dietro presentazione di ricetta medica non ripetibile.

CBD riclassificazione: i limiti del decreto

In questo video Marco Cappiello, uno dei nostri soci fondatori, ci spiega punto per punto quali sono i limiti e le incongruenze del Decreto sul CBD del 6 luglio 2024 e di come lo stesso violi apertamente le normative europee sul tema della commercializzazione di prodotti legali tra Paesi Europei.

CBD riclassificazione: i punti deboli del Decreto sul CBD

La Carenza di Evidenze Scientifiche

Già nell’Agosto 2023 il Ministero della Salute aveva tentato di inserire i prodotti con CBD ad uso orale tra i medicinali con effetti psicotropi.

Tale tentativo era però stato bloccato dal TAR del Lazio (Tribunale Amministrativo Regionale), che ad Ottobre dello stesso anno aveva sospeso il Decreto del Ministro Schillaci sulla base della mancanza di evidenze scientifiche sulla pericolosità del CBD per la salute pubblica.

Con la decisione finale del TAR ancora pendente, il Ministero della Salute ha però deciso di forzare la mano con un nuovo provvedimento dal contenuto identico al precedente.

Ciò che appare evidente è che anche per il decreto del 2024 la scelta del Ministero è priva di qualsiasi base scientifica. In particolare: a) il Decreto menziona brevemente i pareri del Consiglio Superiore di Sanità e dell’Istituto Superiore di Sanità, che sarebbero in questo caso stati richiesti dal Ministero.

Il contenuto di tali valutazioni scientifiche non viene però in alcun modo riportato all’interno del testo del Decreto e al contempo non è stato reso pubblico dalle autorità; b) il Decreto paradossalmente cita la raccomandazione 5.5. dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), la quale nel 2019 invitava i paesi membri a non inserire il CBD in alcuna tabella di sostanze con effetti psicotropi, ovvero tutto il contrario di quello che il Ministero della Salute si appresta a fare.

La violazione del Diritto Europeo Oltre all’assoluta mancanza di basi scientifiche, il Decreto del Ministero è in palese contrasto con i principi e le regole del diritto dell’Unione Europea. In particolare:

a) Mancata notifica TRIS (Technical Regulation Information System): I paesi membri hanno l’obbligo di notificare all’Unione Europea e agli altri stati membri ogni provvedimento che ponga delle potenziali restrizioni alla circolazione dei beni nell’Unione Europea, affinché questi possano effettuare le loro valutazioni.

Nel caso in questione è evidente che il Decreto, fornendo l’esclusiva alle farmacie, restringa la circolazione dei beni all’interno del mercato europeo e che pertanto l’Italia avrebbe avuto l’obbligo di notificare tale decisione.

Il Ministero della Salute ha però del tutto ignorato tale procedura e non ha effettuato alcuna notifica in proposito tramite il TRIS.

b) Violazione degli articoli 34, 35 e 36 del Trattato su Funzionamento dell’Unione Europea: Tali articoli vietano agli stati membri di introdurre restrizioni quantitative all’importazione o esportazione di beni dal loro paese nonché misure aventi effetto equivalente, tranne nel caso in cui siano motivate dalla necessità di salvaguardare la salute pubblica. Come anticipato, Il Decreto del Ministero della Salute restringe il commercio di CBD tra l’Italia e gli altri stati membri dell’UE ed al contempo, come già in passato chiarito dal TAR, non è giustificato da alcuna prova di rischio per la salute pubblica derivante dalla vendita di CBD.

c) conflitto con la sentenza “Kanavape” della Corte di Giustizia Europea: Nel Caso n. 633 del 2018, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che “Uno Stato Membro non può proibire la commercializzazione di cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato Membro qualora estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi” in quanto “il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana”. Pertanto, il Decreto in questione, restringendo la commercializzazione di CBD, viola apertamente quanto stabilito dai giudici della Corte di Giustizia Europea, le cui decisioni devono invece essere sempre rispettate dagli stati membri.

La violazione del Diritto Europeo

Oltre all’assoluta mancanza di basi scientifiche, il Decreto del Ministero è in palese contrasto con i principi e le regole del diritto dell’Unione Europea. In particolare:

a) Mancata notifica TRIS (Technical Regulation Information System): I paesi membri hanno l’obbligo di notificare all’Unione Europea e agli altri stati membri ogni provvedimento che ponga delle potenziali restrizioni alla circolazione dei beni nell’Unione Europea, affinché questi possano effettuare le loro valutazioni.  Nel caso in questione è evidente che il Decreto, fornendo l’esclusiva alle farmacie, restringa la circolazione dei beni all’interno del mercato europeo e che pertanto l’Italia avrebbe avuto l’obbligo di notificare tale decisione.  Il Ministero della Salute ha però del tutto ignorato tale procedura e non ha effettuato alcuna notifica in proposito tramite il TRIS.

b)  Violazione degli articoli 34, 35 e 36 del Trattato su Funzionamento dell’Unione Europea: Tali articoli vietano agli stati membri di introdurre restrizioni quantitative all’importazione o esportazione di beni dal loro paese nonché misure aventi effetto equivalente, tranne nel caso in cui siano motivate dalla necessità di salvaguardare la salute pubblica.  Come anticipato,  Il Decreto del Ministero della Salute restringe il commercio di CBD tra l’Italia e gli altri stati membri dell’UE ed al contempo, come già in passato chiarito dal TAR, non è giustificato da alcuna prova di rischio per la salute pubblica derivante dalla vendita di CBD.

c) conflitto con la sentenza “Kanavape” della Corte di Giustizia Europea: Nel Caso n. 633 del 2018, la Corte di Giustizia Europea ha chiarito che “Uno Stato Membro non può proibire la commercializzazione di cannabidiolo (CBD) legalmente prodotto in un altro Stato Membro qualora estratto dalla pianta di Cannabis sativa nella sua interezza e non soltanto dalle sue fibre e dai suoi semi” in quanto “il CBD in questione non risulta avere effetti psicotropi né effetti nocivi per la salute umana”.  Pertanto, il Decreto in questione, restringendo la commercializzazione di CBD, viola apertamente quanto stabilito dai giudici della Corte di Giustizia Europea, le cui decisioni devono invece essere sempre rispettate dagli stati membri.

CBD riclassificazione: i ricorsi delle associazioni di settore e la condanna dall’UE

Alla luce degli innegabili punti deboli del Decreto del 27 Giugno 2024, numerose associazioni  si stanno già muovendo per tutelare gli interessi del settore della canapa italiana e sono pronte per ricorrere dinanzi al TAR, con lo scopo di far annullare questo provvedimento.

Ciò che fa ben sperare è che lo stesso Tribunale aveva sospeso il precedente Decreto del 2023, il quale presentava il medesimo contenuto e le stesse contraddizioni di quest’ultimo.

Inoltre, le palesi violazioni del diritto europeo da parte del Decreto e l’illegittima restrizione al commercio dell’Unione Europea mettono a rischio l’Italia e il Governo di subire procedure di infrazioni e conseguenti condanne pecuniarie dalle Istituzioni Europee.

Anche in questo caso sembra quindi apparire all’orizzonte l’ennesima sconfitta (con annessa figuraccia mondiale) di questo Governo nella sua grottesca guerra contro la canapa e il CBD.

CBD riclassificazione: su quali basi legali il CBD dovrebbe essere incluso nella Tabella B?

Bisogna innanzitutto precisare che non sarebbe il CBD in generale a essere inserito nella Tabella B del testo unico degli stupefacenti. Il decreto interesserebbe solo le composizioni per somministrazione ad uso orale  con CBD estratto da Cannabis.

Ma sarebbe corretto inserire il CBD in questa tabella?

La Tabella dei medicinali e nello specifico della sezione B del D.P.R. n 309/1990 include i medicinali di origine vegetale a base di cannabis, sostanze e preparazioni vegetali, inclusi estratti e tinture.

Secondo l'articolo 13 del D.P.R. n. 309/90, nella Tabella dei Medicinali del D.P.R. 309/90, Sezione B, sono da includere:

  • I medicinali che contengono sostanze di corrente impiego terapeutico per le quali sono stati accertati concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti dai medicinali elencati nella sezione A;


  • I medicinali contenenti barbiturici ad azione antiepilettica e quelli contenenti barbiturici con breve durata d'azione;


  • I medicinali contenenti le benzodiazepine, i derivati pirazolopirimidinici ed i loro analoghi ad azione ansiolitica o psicostimolante che possono dar luogo al pericolo di abuso e generare farmacodipendenza.

È evidente che il CBD non corrisponde alle definizioni fornite dagli ultimi due punti. Si può quindi immaginare che le motivazioni nella volontà di includerlo nella Tabella dei Medicinali, Sezione B, siano da ricercare nella definizione del primo punto.

Eppure...

Già il provvedimento del 24 ottobre 2023 aveva evidenziato delle lacune nella motivazione del decreto ministeriale, specificamente la mancanza di chiarezza sui concreti rischi di induzione di dipendenza fisica o psichica del CBD.

In commercio esistono dei medicinali a base di CBD, come Epidiolex per esempio, utilizzato per l'epilessia farmaco resistente nei bambini. Il CBD è quindi una sostanza attiva riconosciuta per determinati effetti benefici, che però non ha alcun effetto psicoattivo e non crea dipendenza fisica o psicologica.

Secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sulle sostanze psicotrope del 1971 inoltre, il CBD non è considerato uno stupefacente. L'OMS ha specificato che il CBD non è una sostanza psicoattiva, non crea dipendenza fisica o psicologica e non è associato a potenziali abusi. L'OMS ha inoltre raccomandato in modo esplicito di escludere le composizioni di CBD con THC al di sotto dello 0,2% dalla Convenzione sugli Stupefacenti.

Generalmente, sono considerate sostanze stupefacenti, quelle che comportano pericoli di dipendenza fisica e psichica. Non esistono studi scientifici che confermano tali pericoli relativi al CBD, come indicato nel rapporto dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

Tutti questi elementi avevano contribuito alla decisione di sospensione del decreto, con l'annullamento dell'inserimento del cannabidiolo ad uso orale nella Sezione B della Tabella dei medicinali del D.P.R. n. 309 del 1990.

Il Tar del Lazio sulla riclassificazione

Il 16 gennaio 2024 si è svolta innanzi al TAR un'importante udienza riguardante la causa promossa da Imprenditori Italia Canapa, che mirava all'annullamento del Decreto del 28 ottobre 2020.

Tale decreto proponeva, proprio come l’attuale, di inserire le composizioni ad uso orale del cannabidiolo CBD nella Tabella B dei medicinali soggetti a prescrizione medica, generando molte paure e incertezze nel settore.

Il 16 gennaio 2024 durante l’udienza, l'Avvocatura dello Stato ha richiesto ai Giudici di rinviare la decisione finale, permettendo al Ministero della Salute di ottenere un parere scientifico dall'Istituto Superiore di Sanità. L'obiettivo è di integrare tale parere nei documenti istruttori per influenzare la decisione finale del TAR.

Il TAR del Lazio ha accolto la richiesta del Ministero della Salute, posticipando la decisione della causa al 24 settembre 2024.

Ma nell’attesa…ecco la sorpresa!

CBD riclassificazione: considerazioni

Considerando che il CBD non è considerato uno stupefacente e non ha effetti noti che portano a dipendenza fisica o psicologica, sorgono diversi dubbi sulla possibile validità del provvedimento.

Il Decreto Ministeriale (D.M.) introdurrebbe regole che limiterebbero la circolazione del CBD e imporrebbe agli operatori del settore adempimenti simili a quelli richiesti per sostanze notoriamente psicotrope.

Questi adempimenti però, sarebbero sproporzionati se applicati a una sostanza come il CBD. Una sostanza che secondo le evidenze scientifiche e il parere dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), non è psicotropa, non crea dipendenza fisica e non è associata a potenziali abusi.

Queste restrizioni sembrano mirare più a controllare il commercio del CBD e a sottoporlo al controllo del Ministero della Salute piuttosto che a proteggere effettivamente la salute pubblica.

Le previsioni del decreto, inclusa l'autorizzazione e i limiti di produzione, limiterebbero infatti la libertà di iniziativa economica delle imprese nel settore della canapa.

Qualora malauguratamente confermato, il decreto costringerebbe le aziende del settore a riorganizzare le proprie attività o, nel peggiore dei casi, a interrompere l'attività per evitare procedimenti legali e sanzioni, ogni volta che vi è il rischio di violare la legge.

Questa limitazione avrebbe impatti anche in settori come il nostro, come il cosmetico e nella produzione di semilavorati derivati dalla Cannabis Sativa L., che possono essere utilizzati in diversi settori dopo ulteriori lavorazioni.

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