Novel food: il CBD in Regno Unito

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  • no son medicamentos;
  • son obtenidos de variedades de cáñamo inscritas en el Registro Común Europeo y en cumplimiento de los demás requisitos previstos por la ley 242/2016;
  • han sido notificados regularmente en el Portal Europeo de Productos Cosméticos (CPNP).

Nuestros artículos de blog tienen un propósito exclusivamente informativo y no pretenden calificar nuestros productos como medicamentos ni atribuirles propiedades terapéuticas.

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In un momento in cui in Italia canapa e CBD vivono una fase di incertezza normativa, la Gran Bretagna si distingue per un modello regolatorio chiaro, pragmatico e orientato alla tutela della salute pubblica senza penalizzare le imprese del settore. La gestione inglese del CBD come novel food rappresenta un esempio virtuoso, capace di unire le esigenze di sicurezza del Paese con la crescita di un mercato in espansione. In questo articolo ti spieghiamo cos’è un novel food e cosa ha fatto la Gran Bretagna per tutelare aziende e consumatori regolando il CBD attraverso un iter chiaro e trasparente.

Cosa si intende per Novel Food?

L’espressione novel food (alimento nuovo) si riferisce a tutti quegli alimenti o ingredienti che non sono stati consumati in misura significativa nell’Unione Europea prima del 15 maggio 1997. Il regolamento (UE) 2015/2283 definisce in modo dettagliato questa categoria, includendo alimenti prodotti con nuove tecnologie, estratti vegetali, funghi, batteri, alimenti etnici e derivati animali poco noti in Europa.

Nel momento in cui un alimento viene classificato come novel food, non può essere immesso in commercio senza una specifica autorizzazione da parte delle autorità competenti. Questo processo prevede una valutazione rigorosa della sicurezza da parte dell’EFSA (in Europa) o, nel caso del Regno Unito post-Brexit, della Food Standards Agency (FSA), l'ente britannico responsabile della sicurezza alimentare.

Il Novel Food Catalogue dell’Unione Europea, pur non essendo vincolante, è lo strumento di riferimento per comprendere se un prodotto richiede l’autorizzazione. Però, proprio le modifiche apportate al catalogo nel 2019 hanno alimentato dubbi e controversie nel settore canapa in Europa, fatta eccezione per il Regno Unito.

Il CBD come Novel Food nel Regno Unito

Nel gennaio 2019, la FSA ha ufficialmente incluso il CBD (cannabidiolo) nella categoria dei novel food. Questo ha significato un cambio significativo per tutti i prodotti alimentari contenenti CBD: oli, infusi, caramelle, snack e altri formati commercializzati in Inghilterra e Galles, che da quel momento in poi dovevano sottostare alle regole del novel food.

La FSA (Food Standards Agency) ha stabilito che solo i prodotti contenenti CBD con una domanda di autorizzazione valida potevano continuare a essere venduti sul mercato. Questa decisione ha portato alla creazione di una lista pubblica di tutti i prodotti già in commercio che hanno presentato una richiesta conforme

Tutti i prodotti inseriti nella lista sono temporaneamente tollerati, in attesa di approvazione definitiva. Le approvazioni sono cominciate ad arrivare nel 2024 proseguendo nel 2025.

La Gran Bretagna ha mostrato una grande flessibilità: le aziende hanno potuto continuare a operare a condizione di aver presentato una domanda completa entro una data precisa (13 febbraio 2020). Questo approccio ha evitato blocchi improvvisi al mercato, tutelando sia i consumatori sia gli operatori del settore.

Gestione del CBD come novel food in UK: aggiornamenti luglio 2025

Il 1° luglio 2025 la Food Standards Agency ha pubblicato un nuovo aggiornamento normativo che segna un ulteriore passo avanti nella gestione responsabile del CBD come novel food.

Secondo le nuove linee guida, le aziende con prodotti già presenti sulla lista pubblica possono riformulare i propri articoli per migliorarne il profilo di sicurezza, senza dover ripresentare interamente la domanda di autorizzazione. Questa riformulazione è incoraggiata soprattutto per garantire il rispetto dei limiti raccomandati, che per Gran Bretagna e Galles sono i seguenti:

  • CBD: 10 mg al giorno come dose massima provvisoria accettabile per un adulto di 70 kg, equivalenti a 0,15 mg/kg

  • THC: 0,07 mg al giorno come soglia massima di sicurezza, ovvero 1 microgrammo per ogni chilo di peso corporeo.

Questi valori sono stati stabiliti grazie al contributo dei comitati scientifici indipendenti della FSA e mirano a garantire la massima tutela della salute pubblica. In parallelo, è stato ribadito che tutti i prodotti devono continuare a rispettare la normativa sul Misuse of Drugs Act 1971 e i regolamenti del 2001.

Le aziende che riformulano i loro prodotti non devono avvisare la FSA se le modifiche non alterano le informazioni già presenti nella lista pubblica. Qualora, invece, vi siano cambiamenti rilevanti nei dettagli del prodotto, è richiesto di fornire l’apposito numero di domanda, le modifiche apportate e una dichiarazione che attesti la finalità di sicurezza delle modifiche.

Infine, la FSA ha invitato tutti i produttori a rivedere le etichette dei prodotti per includere:

  • la dose giornaliera raccomandata di CBD
  • le avvertenze specifiche per soggetti vulnerabili (minorenni, donne in gravidanza o allattamento, persone sotto terapia farmacologica)
  • eventuali restrizioni legate all'età o all'uso concomitante di farmaci.

CBD come novel food in Europa: un iter controverso

A differenza di ciò che accade in Gran Bretagna, in Europa l’iter per l’autorizzazione del CBD come novel food è in una fase di stallo. Ad oggi, nessuna delle domande presentate per l’autorizzazione è stata approvata dall’EFSA (European Food Safety Authority). Dal 2019 a oggi, molte di queste domande sono state ritirate dagli stessi richiedenti o chiuse dalla Commissione Europea. Nel corso del 2024, l’EFSA ha segnalato che quasi tutte le domande sono in clock stop, ovvero sospese in attesa di dati integrativi richiesti dall’EFSA.

Va precisato che il CBD era già presente nel mercato alimentare ben prima del 1997 e fino al 2018 le autorità europee consideravano novel food solo gli estratti con un contenuto di CBD superiore rispetto a quello naturalmente presente nella pianta di canapa (Cannabis sativa L.). Nel 1997, il Comitato Permanente dell’UE aveva anche chiarito per iscritto che le infiorescenze e le foglie di canapa non rientravano nel campo di applicazione del Regolamento Novel Food, riconoscendone l’uso alimentare tradizionale.

A partire da gennaio 2019 però, il Novel Food Catalogue è stato aggiornato, escludendo esplicitamente foglie  (ad eccezione di infusi con acqua), fiori e anche gli estratti tradizionali ottenuti con metodi convenzionali. Un cambio di rotta improvviso e ingiustificato sia dal punto di vista scientifico che storico.

L’assenza di approvazioni da parte dell’EFSA è la diretta conseguenza di un’impostazione che ha ignorato anni di uso documentato dei derivati della canapa. 

In questo scenario,EIHA (European Industrial Hemp Association) svolge un ruolo cruciale nel cercare di sbloccare la situazione. L’associazione, di cui facciamo parte, rappresenta gli interessi del settore della canapa industriale in Europa e coordina iniziative normative e scientifiche per favorire l’inserimento regolamentato del CBD e degli altri componenti della canapa nei mercati alimentare, cosmetico e farmaceutico.

Dal 2020, EIHA ha promosso un consorzio (Novel Food Consortium) volto a presentare dossier collettivi all’EFSA e alla Commissione Europea. Nel 2023, ha condotto studi tossicologici su estratti a spettro completo e isolati di CBD, al fine di fornire i dati richiesti per l’autorizzazione del CBD come novel food. Anche questi dossier però per il momento risultano fermi, in attesa di ulteriori chiarimenti da parte delle autorità europee.

Le coltivazioni di CBD Enecta in Abruzzo.

Italia e Gran Bretagna: due approcci a confronto

L'approccio della Gran Bretagna alla regolamentazione del CBD come novel food si fonda su trasparenza, normative chiare e rigore scientifico. Le autorità britanniche hanno saputo costruire un percorso sostenibile che non sacrifica l’innovazione imprenditoriale, ma la accompagna verso la conformità legale, proteggendo allo stesso tempo anche i consumatori.

In Italia, al contrario, il settore del CBD vive un clima di incertezza e instabilità. Mancano indicazioni chiare da parte degli enti regolatori, non esistono norme transitorie per tutelare i lavoratori della filiera e le decisioni vengono prese sulla base di pregiudizi e non su basi scientifiche. La conseguenza è una costante insicurezza giuridica ed economica per le imprese che hanno sempre agito nel rispetto della legge.

Nonostante il cannabidiolo non sia considerato una sostanza stupefacente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e abbia un profilo di sicurezza ormai ampiamente documentato a livello internazionale, l’Italia continua a trattarlo con sospetto, come se si trattasse di una minaccia per la sicurezza pubblica e non di un'opportunità economica e terapeutica.

Il modello britannico dimostra che un’altra strada è possibile: basterebbe una regolamentazione partecipata, basata su dati scientifici e su un confronto costruttivo tra istituzioni e imprese. Un modello che sarebbe da studiare attentamente qui in Italia, per evitare che un settore dalle grandi potenzialità venga soffocato da paure infondate e da una burocrazia miope e disinteressata al benessere di migliaia di lavoratori.

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